“Quando scoppia una grande tempesta, le barche nel porto lasciano l’ancora – perché se non lo fanno, verranno spazzate via in mare. E, naturalmente, far cadere l’ancora non fa andare via la tempesta – ma può tenere una barca ferma nel porto, fino a quando la tempesta non passa.”
Allo stesso modo, in una crisi in atto, sperimenteremo tutti “tempeste emotive”: pensieri inutili che girano nella nostra testa e sentimenti dolorosi che turbinano intorno al nostro corpo. Dunque, l’emergenza “Coronavirus” può influenzarci in molti modi diversi: fisicamente, emotivamente, economicamente, socialmente e psicologicamente.
I pazienti oncologici stavano già affrontando la loro crisi individuale ritrovandosi così a fare i conti con un’ulteriore elemento di preoccupazione aumentando, così, una fragilità già messa a dura prova dalla loro malattia.
Quando affrontiamo una crisi di qualsiasi tipo, la paura e l’ansia sono inevitabili; sono risposte normali, naturali a situazioni difficili intrise di preoccupazione e incertezza.
Una delle reazioni più tipiche in questi casi è sperimentarepaura, emozione primaria, fondamentale per la nostra difesa e sopravvivenza: se non la provassimo non riusciremmo a metterci in salvo dai rischi. Quindi ben venga percepire paura, perché ciò ci attiva.
Ma se non riusciamo a gestirla percependo il Coronavirus come un pericoloso predatore inarrestabile, rischiamo di attuare comportamenti impulsivi, frenetici e irrazionali che, se avevano un senso ai tempi delle caverne, ora rischiano di essere controproducenti. Qui si passa spesso al panico o all’ansia generalizzata, per cui un pericolo limitato e contenuto di contagio viene generalizzato percependo ogni situazione come rischiosa ed allarmante.
Il Coronavirus è piccolo, sfuggente, invisibile all’occhio umano, sconosciuto, facilmente trasmissibile e ciò scatena le paure più profonde di un qualche elemento incontrollabile che dall’interno che ci possa distruggere. È fin troppo facile perdersi nelle preoccupazioni e rimuginare su aspetti e cose che sono fuori dal nostro controllo: “Cosa potrebbe accadere in futuro? Come il virus potrebbe influenzare te o i tuoi cari o la tua comunità o il tuo paese o il mondo? – e cosa accadrà allora?” – e così via. E mentre per noi è del tutto naturale perderci in tali preoccupazioni, esso non è utile, produttivo. In effetti, più ci concentriamo su ciò che non è nel nostro controllo, più siamo ansiosi e senza speranza. Quindi, l’unica cosa più utile che chiunque può fare in qualsiasi tipo di crisi – legata a Coronavirus o a una malattia oncologica è: concentrarsi su ciò che è sotto il tuo controllo.
Non puoi controllare cosa accadrà in futuro. Non puoi controllare il Covid-19 stesso o l’economia mondiale o il modo in cui il tuo governo gestisce tutto questo gran casino. E non puoi controllare magicamente i tuoi sentimenti, eliminando tutta quella paura e ansia perfettamente naturali. Ma puoi controllare quello che fai – qui e ora perché può fare un’enorme differenza significativa per te e per chiunque viva con te e per la comunità che ti circonda.
La realtà è che tutti abbiamo un controllo maggiore sul nostro comportamento, rispetto a quello che crediamo di avere sui nostri pensieri e sentimenti. Quindi, il nostro maggiore obiettivo è quello di prendere il controllo del nostro comportamento per rispondere efficacemente a questa crisi. Ciò implica sia affrontare il nostro mondo interiore – tutti i nostri pensieri e sentimenti difficili – sia il nostro mondo esterno – tutti i problemi reali che stiamo affrontando.
Come già accennato, in questo preciso momento storico una limitata dose di paura e allerta sono necessarie, anzi fondamentali per potersi attivare senza perdere di lucidità: ciò è importante per seguire le poche ma preziose indicazioni delle autorità sanitarie richiede un minino di attivazione e concentrazione.
Quali emozioni bisogna imparare a gestire? Il limite fra una funzionale attivazione (eustress o stress positivo) e un eccesso di allerta con comportamenti poco lucidi e controproducenti (distress o stress negativo) è sottile. L’importante è capire “chi sta controllando che cosa”: sono ancora io a gestire e scegliere cosa fare, o sto attuando comportamenti seguendo una massa di persone che sta facendo proprio quello che andrebbe razionalmente evitato?
Faccio qualche esempio per essere più chiara: nessuna autorità sanitaria ha consigliato di affollare i supermercati per rifornirsi ossessivamente di scorte alimentari, eppure questa “psicosi” si è diffusa portando a molteplicieffetti negativi, come concentrare parecchie persone in spazi chiusi con la possibilità di favorire la diffusione del virus oppure far mancare certi alimenti a chi non era corso subito al supermercato.
Quali sono i comportamenti che possono aiutarci a gestire l’ansia? Preoccuparsi agitandosi e alla fine attuando comportamenti irrazionali e controproducenti non serve. Meglio occuparsicon serietà del problema: le nostre autorità sanitarie, che hanno preso in carico seriamente la vicenda fin dall’inizio in Italia, hanno dato poche, chiare e semplice regole da seguire.
Ognuno di noi dovrebbe chiedersi: sto anche oggi, in questo momento, seguendo le indicazioni che mi hanno suggerito? Come ad esempio lavarsi le mani frequentemente, non toccare bocca e occhi prima di essersi igienizzati, non andare al Pronto Soccorso ma chiamare il numero dedicato nel caso di sintomi sospetti, rispettare le quarantene, ecc.
Scegliamo, inoltre, fondi di informazione attendibili: Masrshal McLuhan scriveva: “L’azione dei media è quella di far accadere le cose, piuttosto che di darne notizia”, per cui è importante soffermarsi sulla notizia più saggia, moderata, scientificamente fondata.
Frasi come “il bollettino dei morti è salito a …” o “dilaga il contagio…” o “questa regione è in ginocchio…”, oltre a non essere tecnicamente vere (spesso la vera causa della morte non è il Coronavirus ma uno stato premorboso grave, semplicemente aggravatosi all’ultimo), suscitano e diffondono allarmismo. Decidiamo anche dei momenti nel corso della giornata in cui decidiamo di informarci, il resto del tempo dedichiamolo ad attività che abbiamo sempre tralasciato. E proprio per questo…Come gestire l’isolamento sociale? I periodi di quarantena costringono a interrompere le rassicuranti abitudini quotidiane creando a volte uno stato temporaneo di disorientamento. Si può cogliere però l’occasione di investire su nuove attività o su quelle attività che, nonostante fossero desiderate, non permettevano di essere coltivate a sufficienza proprio dalle abitudini.
Da alcuni pazienti sono venuta a sapere di progetti ripresi, libri finalmente letti fino alla fine, persone contattate in attesa da tempo: quasi che la quarantena forzata sia stata un beneficio per riprendere o completare cose importanti lasciate in sospeso.
Chiaramente le tanto demonizzate nuove tecnologie, in particolare i social media, sono molto utili in questo momento e hanno permesso di evitare ilsenso di isolamento e solitudine e anche molte famiglie hanno potuto vivere momenti insieme quasi unici e irripetibili.
Ricordiamoci che tutto questo presto finirà, o almeno ce lo auguriamo, ma.. il tempo libero che abbiamo ora, chi ce lo ridarà poi?
Bibliografia:
© Russ Harris, 2020 www.TheHappinessTrap.com www.ImLearningACT.com
Dott.ssa Maria Rosita Campagna |